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La riduzione delle disposizioni testamentarie lesive
Recentissime disposizioni della Cassazione dicembre 2022
Nota a:
Cassazione civile, sezione II, ordinanza 2 dicembre 2022, n. 35461
Di Roberto Campagnolo,
avvocato,
Patrocinante in Cassazione
In un’ordinanza recentissima, la Corte di Cassazione ha avuto modo di interrogarsi su alcune conseguenze della riduzione di disposizioni testamentarie lesive.
La prima questione della quale essa si dovuta occupare è il mancato riesame, in Corte d’Appello, di idonea documentazione riguardante la corretta ricostruzione dell’asse ereditario.
L’occasione è opportuna per indicare, ad opera della Cassazione, quali siano gli oneri imposti all’erede al fine del calcolo della quota di riserva.
La produzione di nuova documentazione in appello, prima questione affrontata da Cassazione, è possibile solo se la documentazione risulti essenziale ai fini della decisione (Cass Civ. n. 21066/2021). Il requisito non può essere sindacato in sede di legittimità.
A questo proposito, un interessante spunto è offerto dall’art. 345 c.p.c., testo previgente, ma richiamato in sentenza sulla base del principio tempus regit actum.
In questo articolo, con riferimento alla circostanza de quo, peraltro ormai espunto dall’ordinamento nel suo testo previgente, in quanto modificato nel 2009 con L. 69/2009 e successivamente con L. 134/2012, si ammetteva la possibilità di esibizione di nuovi documenti (attualmente prevista solamente nei casi di impossibilità della prova per causa non imputabile, cfr. Cass. Civ., sez. III. 15.06.2018, n. 15762), quando questi fossero considerati indispensabili ai fini decisori.
Dopo la legge n. 134/2012, invece, vige il divieto assoluto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello.
Nel testo previgente dell’art. 345 c.p.c. era sorto un contrasto giurisprudenziale in merito alla nozione di prova indispensabile, il quale aveva richiesto la funzione nomofilattica della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 10790 del 04.05.2017 .
La Suprema Corte aveva definito prova indispensabile “quella idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado”.
A seguito della novella di cui alla L. 134/2012, invece, non è ammessa in Appello la produzione di nuovi documenti, a prescindere da quel carattere d’indispensabilità che nel testo previgente della norma de quo costituiva criterio selettivo.
Sussistendo contra una pronuncia della Cassazione a Sezioni Unite è necessario che la Suprema Corte ricomponga il contrasto, pronunciandosi nuovamente sul punto.
Nell’attesa che il Giudice a quo riporti la questione innanzi alle S.U., l’ordinanza che stiamo esaminando, 2 dicembre 2022, n. 35461, cerca di “aggirare” per così dire il problema attraverso il ricorso ad un vizio procedurale – nella fattispecie il mancato rispetto della norma tempus regit actum – per poi riesaminare la questione dell’indispensabilità dei documenti i quali non siano stati presentati in primo grado pronunciandosi nel merito.
Giova comunque rilevare come, per concorde dottrina e giurisprudenza, sia sia ormai passati da un Appello inteso come novum iudicium a un Appello inteso come revisio prioris instantiae. La Suprema Corte[2], infatti, tenendo debitamente conto della struttura del giudizio di secondo grado, così come riformato dalla legge n. 353 del 1990 (che ha introdotto il divieto di nova in appello) e dalle leggi del 2009 e del 2012 (che hanno modificato l’art. 345 c.p.c.), è intervenuta con una serie di pronunce contribuendo a determinare l’attuale configurazione.
Nel merito, la causa, introdotta innanzi al Tribunale di Roma, riguardava una richiesta di riduzione di disposizioni testamentarie lesive, tramite il ricalcolo del relictum e del donatum, e lo stabilimento della quota di riserva.
Orbene, se la modifica della massa ereditaria, tramite l’inclusione ovvero l’esclusione anche di un solo cespite, era idonea a rideterminare la quota di riserva, ciò comportava necessariamente la produzione e la disamina di nuovi documenti, quali ad esempio un conto corrente; il contenuto di una cassetta di sicurezza; polizze assicurative; assegni etc…etc…
L’ordine da seguire nella riduzione di disposizioni lesive, anche in caso di donazioni, è previsto dal Codice ed è tassativo ed inderogabile ( Cass. Civ..n. 4721/2016). Ciò comporta, come emerge chiaramente anche dalla disamina del processo che ha motivato l’Ordinanza della Suprema Corte, che il Giudice d’Appello, ai fini della decisione ed in presenza di donazioni potenzialmente lesive della quota di legittima, anche indirette, debba operare, al fine della riunione fittizia, una redistribuzione della massa ereditaria fra relictum e donatum. Ciò è possibile solo entrando nel merito della causa.
In conclusione, la questione posta con riferimento alla produzione documentale comporta una disamina necessariamente estesa anche agli aspetti sostanziali della riduzione, cagionando il totale scardinamento del principio dell’Appello come revisio prioris instantiae, e riaprendo a tale gravame come novum judicium.
Che cosa sono le disposizioni testamentarie?
Attraverso la scrittura del testamento è possibile dare disposizioni sulla destinazione dei propri beni dopo la morte, piuttosto che lasciare che sia deciso per legge. In questo modo si tutelano i propri cari e si decide autonomamente a chi affidare i propri averi.
Anche se redigere un testamento può sembrare una cosa semplice, è importante farsi assistere da un Avvocato testamentario per assicurarsi che vengano rispettati i requisiti previsti dal codice civile per il testamento olografo ed evitare così che il nostro testamento possa essere annullato.