Azioni di tutela nei casi di lesione della quota legittima

Che cos’è la quota di legittima nella successione ereditaria

La successione necessaria tutela la posizione dei congiunti più stretti del de cuius : il coniuge, i discendenti, gli ascendenti. A queste persone, denominate legittimari, la legge riserva determinate porzioni del patrimonio del de cuius, denominate quote di riserva o di legittima, anche contro la volontà di questo.

La quota di legittima, dunque, è quella porzione di eredità della quale il testatore non può disporre, né a titolo di liberalità né mortis causa ( cd. quota indisponibile o riserva ), in quanto spettante ai legittimari o riservatari, legati da stretti vincoli di parentela.

In tal modo, il patrimonio ereditario può essere distinto in: quota disponibile, della quale il testatore può disporre liberamente, e quota legittima, riservata ai legittimari.

Quando la quota di legittima è intaccata dal de cuius, mediante atti di disposizione, o donazioni, ovvero in caso di testamento, si ha una lesione della legittima.

In tal caso, per reintegrare la porzione lesa occorre esercitare l’azione di riduzione.

1) Le operazioni necessarie per determinare la porzione legittima e quella disponibile.

Preliminare all’ azione di riduzione è la riunione fittizia del cd. relictum con il donatum. Infatti,i limiti alla libertà testamentaria potrebbero facilmente essere elusi non solo tramite atti di disposizione, bensì anche attraverso donazioni. Pertanto, la legge consente al legittimario di impugnare non solamente le disposizioni testamentarie, ma anche le donazioni che abbiano intaccato la parte a lui riservata.

Si badi bene che la successione necessaria può sovrapporsi non solamente alla successione testamentaria, bensì anche a quella legittima, ben potendo il patrimonio del de cuius essere sottratto ai riservatari causa donazioni .

E’ vero anche il vice versa, tuttavia: infatti, così come si tiene conto delle donazioni fatte ad altri, così si tiene conto di quelle fatte al legittimario stesso. Esiste tuttavia una significativa eccezione: il de cuius donante potrebbe averlo, infatti, dispensato dall’ imputare la donazione alla sua porzione di legittima ( art. 564 co. 2 c.c. ).

Orbene, nel nostro Ordinamento vale il principio dell’ intangibilità quantitativa e non qualitativa della legittima: il de cuius può soddisfare le ragioni dei legittimari con beni di qualsiasi natura, purché compresi nell’ asse ereditario, a patto però che venga rispettato il limite quantitativo previsto dalla legge. Conforme la dottrina prevalente nonché giurisprudenza più autorevole.

Secondo il nostro Codice, le quote spettanti ai legittimari sono le seguenti:

1) a favore del coniuge, quando manchino discendenti, è riservata la metà del patrimonio del de cuius.

Inoltre, anche allorquando concorra con altri chiamati, gli sono riservati i diritti di abitazione sulla casa ex familiare e di uso sui mobili di pertinenza.

Questi diritti spettano anche al coniuge separato, salvo che gli sia stata addebitata la separazione. In quest’ ultimo caso egli ha diritto solo all’ assegno alimentare.

2) Ai figli spetta metà del patrimonio del genitore, in caso di figlio unico, e i due terzi in caso di più figli, salvo il concorso del coniuge.

Per calcolare la porzione spettante ai legittimari occorre in primo luogo calcolare il relictum, cioè il valore netto del patrimonio del de cuius, pari al valore delle attività ( beni e crediti ) meno le passività ( debiti ).

All’ uopo, è necessario, ai sensi dell’ art. 556 c.c., accertare quali beni il defunto abbia lasciato morendo e determinare il loro valore con riferimento al momento dell’ apertura della successione.

Resta inteso che il regime dei beni sottoposti a condizione sospensiva o risolutiva è regolato in base all’ efficacia della suddetta condizione.

In caso di alienazioni simulate, il legittimario è da considerarsi terzo, ed i beni del de cuius simulante alienante vanno considerati ancora presenti nel patrimonio ereditario.

Una volta avuto un quadro preciso dell’ attivo ereditario, si devono detrarre le passività.

E’ questa un’ operazione meramente contabile; si detraggono altresì i debiti insorti in occasione della morte, ad eccezione delle obbligazioni naturali.

La detrazione dei debiti si fa solamente sul relictum ( art. 556 c.c. ).

In buona sostanza, la riunione fittizia è un’ operazione matematico – contabile che imputa al patrimonio del de cuius il valore dei beni a lui intestati decurtato dei debiti ( relictum ), cui si devono aggiungere tutte le donazioni da lui compiute in vita ( cosiddetto donatum ).

La riunione fittizia permette di calcolare il cd. asse ereditario.

In particolare, gli eredi necessari i quali abbiano accettato l’ eredità devono conferire nell’ asse ereditario quando abbiano ricevuto dal defunto in vita per donazione ( imputazione ex se ).

I beni immobili devono essere conferiti per imputazione o in natura a seconda siano mobili o immobili. Nel caso di donazione di un immobile , l’ erede è tenuto a conferire il bene in natura, mentre nel caso di donazione di beni mobili ( ad esempio il denaro o un gioiello ) questi devono essere imputati per valore.

Ai fini della riunione fittizia ( art. 742 ) non si calcolano le spese di mantenimento e di educazione dei figli, nonché quelle sostenute per malattia, quelle ordinarie per abbigliamento e nozze. Si calcolano invece le spese di avviamento ad un’ attività professionale, o il pagamento di premi di assicurazione sulla vita, ovvero ancora il pagamento di loro debiti.

Il testatore non può imporre pesi e condizioni sulla quota spettante al legittimario ( art. 549 c.c. ).

Tuttavia, nel caso in cui l legittimario sia stato gravato da usufrutto o da rendita vitalizia il cui reddito ecceda la porzione disponibile, ma consegua in proprietà una quantità di beni superiore alla quota di legittima, la legge lascia al legittimario la scelta tra eseguire la disposizione oppure abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile conservando la piena proprietà della porzione riservata.

2) Natura giuridica dell’azione di riduzione e questioni sulla competenza.

L’ azione di riduzione consente al legittimario di ottenere nei suoi confronti l’ inefficacia delle disposizioni testamentarie e delle donazioni che hanno leso la quota di legittima.

Per quanto riguarda la natura giuridica di questa azione, é ormai pacifico in dottrina che non si tratti di un’ azione di nullità, seppure relativa.

Infatti se i legittimari non propongono l’ azione o vi rinunciano, le disposizioni rimangono valide. Inoltre, l’ azione di riduzione è data contro le disposizioni lesive della legittima.

E’ stato giustamente osservato in dottrina come, affinché sussistano i presupposti per un’ azione di riduzione delle disposizioni lesive della quota di legittima, è necessario che la disposizione sia valida e quindi efficace.

Non si tratta di un’ azione di rescissione o di risoluzione, perchè queste presuppongono un vizio del negozio, originario ( rescissione ) o sopravvenuto ( risoluzione ), mentre l’ azione di riduzione è un’ azione di inefficacia successiva nei confronti del legittimario delle disposizioni lesive.

Il trasferimento posto in essere dal de cuius con le disposizioni lesive si considera come mai avvenuto nei confronti del legittimario.

La sentenza che rende inopponibili nei confronti del legittimario le disposizioni lesive, secondo parte della dottrina, non è costitutiva di diritti, i quali vengono invece acquisiti da quest’ ultimo in virtù del titolo legale di erede necessario. Secondo altri, invece, si tratta più propriamente di un’ azione di accertamento costitutivo.

Trattasi inoltre di un’ azione con effetti retroattivi reali, in quanto i suoi effetti retroagiscono al momento di apertura della successione ed hanno efficacia erga omnes.

Sotto il profilo della giurisprudenza, Cassazione, per interpretazione quasi unanime, ribadisce il carattere di accertamento dell’ azione di riduzione, in quanto mirante appunto ad accertare la lesione della quota di legittima; di natura personale, in quanto non esperibile erga omnes; ad efficacia relativa, cioè produttiva di effetti solo tra legittimari ed altri eredi/ legittimari / donatari ; ad effetti reali e retroattivi, dispiegandosi anche nei confronti di eventuali terzi.

Per quanto concerne, poi, questioni più squisitamente procedurali, la domanda di riduzione non è implicita in quella di divisione . Il legittimario pretermesso può agire per la divisione di eredità solo dopo, ovvero subordinatamente, all’ esito vittorioso dell’ azione di riduzione .

In caso di cumulo fra le due azioni, il giudice competente è quello del luogo di apertura della successione. ( art. 22 c.p.c. ) , in composizione collegiale ( art. 50 bis comma 1 n. 6 c.p. c. ).

3) Legittimazione attiva, passiva ed ammissibilità dell’ azione surrogatoria.

La riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della porzione di legittima può essere domandata solo dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa. Tale diritto è irrinunciabile, finche vive il donante. In caso contrario, infatti, si violerebbe il divieto di patti successori.

Non possono chiedere tale riduzione, nè approfittarne, neppure i creditori del defunto, se il legittimario avente diritto alla riduzione ha accettato con beneficio d’ inventario. In tal caso, infatti, l’ erede risponderà dei debiti unicamente con i beni rimasti nel patrimonio ereditario. Invece, i creditori del legittimario potranno agire sostituendosi al debitore ( azione surrogatoria ) in caso di accettazione pura e semplice, in quanto, non essendovi più separazione dei patrimoni, essi diventeranno automaticamente creditori personali del legittimario.

Dunque, i creditori del legittimario , qualora questi trascuri di esercitare l’ azione di riduzione in loro pregiudizio, possono esercitare tale riduzione in via surrogatoria

4) Atto introduttivo: formulazione delle domande, errori da evitare e preclusioni istruttorie

–           criteri di riduzione delle donazioni ed oneri dell’ attore

–           individuazione delle disposizioni da ridurre

– La prova e gli oneri a carico dell’ attore: criticità ed errori da evitare.

L’ azione di riduzione, prevista all’ art. 553 e ss. c.c., si distingue dall’ azione di divisione perché quest’ ultima presuppone la comunione ereditaria, mentre l’ azione di riduzione é esercitata proprio in caso di esclusione dalla stessa.

Tale diritto del legittimario a conseguire la rimozione degli effetti delle disposizioni lesive ha natura di diritto potestativo, in quanto tale esercitabile solo in via processuale.

L’ azione di riduzione s’ introduce con atto di citazione.

Dopo una succinta esposizione della formazione dell’ asse ereditario, comprensivo di relictum e di donatum, nonché dell’ eventuale progetto di divisione, ed esplicitata la mancanza di accordo sul punto ( causa petendi ), vi è la richiesta ( petitum ), da parte degli attori legittimari, di reintegrazione nelle quote di legittima mediante la riduzione delle disposizioni e/o delle donazioni lesive.

Particolare attenzione va prestata in caso di donazione indiretta d’ immobile ( ad es. acquistato dal figlio con denaro del padre ) . In tale caso, non vi é dispensa dalla collazione, e il figlio é tenuto a rendere alla massa ereditaria l’ immobile in natura oppure ad imputarne il valore alla propria porzione, avuto riguardo al valore dell’ immobile al tempo dell’ apertura della successione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 737, 746 e 747 c.c.

Sempre in tema di immobili, si richiederà, ai fini della validità della donazione, l’ atto pubblico.

Onere dell’ attore sarà il calcolo della quota disponibile e indisponibile mediante la riunione fittizia tra bei relitti, al netto di eventuali debiti, e quelli oggetto di donazioni dirette e indirette, secondo il loro valore determinato ai sensi degli artt. 747 e 750 c.c.

Successivamente, all’ esito della domanda di riduzione delle donazioni e reintegrazione della quota di riserva, l’ attore sovrintenderà alle operazioni di divisione.

La giurisprudenza della Cassazione ha affermato che “ in materia di successione testamentaria, il legittimario che propone azione di riduzione ha l’ onere di indicare entro quali limiti è stata lesa la legittima, determinando con esattezza il valore della massa ereditaria, nonché il valore della quota di legittima violata dal testatore “ .

Sul piano probatorio, il legittimario ha dunque l’ onere di allegare e provare entro quali limiti é stata lesa la legittima, nonché l’ inesistenza nel patrimonio del de cuius di altri beni oltre a quelli che formano oggetto dell’ azione di riduzione .

In atti deve poi essere indicata l’ espressa istanza di conseguire la legittima , previo calcolo della porzione disponibile.

Nel giudizio volto alla reintegrazione della quota di legittima, senza preclusioni anche in appello, si possono indicare i bei oggetto di riunione fittizia, nonché i debiti dell’ eredità, non trattandosi di domande nuove.

Tali principi sono stati ribaditi anche dalla più recente giurisprudenza.

Più in particolare, è necessario evitare l’ errore del mancato assolvimento dell’ onere probatorio, gravante sull’ attore, di indicare l’ esatto valore della massa ereditaria , presupposto necessario per l’ accertamento della lamentata lesione della quota legittima..

In caso di simulazione di vendita, conformemente alla costante giurisprudenza della Suprema Corte si possono trarre elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l’ onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa informazione

5) Azione di riduzione ed accettazione con beneficio d’ inventario

Ai sensi del 1 comma dell’ art, 564 c.c. affinché il legittimario possa domandare la riduzione delle donazioni o dei legati egli deve preventivamente accettare l’ eredità con beneficio d’ inventario.

Secondo la prevalente dottrina, si tratta di una formalità necessaria allo scopo di proteggere i donatari e i legatari tramite le operazioni inventariali, da cui risulti la composizione dell’ asse ereditario, funzionale anche alla verifica dell’ effettività della eventuale lesione della porzione legittima.

La disposizione riguarda inoltre solo il legittimario leso, non anche quello pretermesso.

In effetti, il legittimario pretermesso non può accettare l’ eredità né puramente e semplicemente, né con il beneficio d’ inventario.

Dunque, il legittimario che non ha accettato col beneficio d’ inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati.

In ogni caso, il legittimario il quale domandi la riduzione della donazione e delle disposizioni testamentarie deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati ad esso fatti.

E’ comunque pur vero anche il contrario: l’ esperimento dell’ azione di riduzione, implicando accettazione tacita, pura e semplice, preclude la successiva accettazione con beneficio d’ inventario, in quanto l’ accettazione beneficiata non è giuridicamente concepibile dopo che l’ eredità sia già stata accettata senza beneficio.

Secondo il più recente indirizzo della Suprema Corte, tuttavia, l’ accertamento della consistenza effettiva del patrimonio ereditario consente al legittimario di recuperare alla massa ereditaria i beni donati, senza avere riguardo all’ eventuale mancanza dell’ accettazione beneficiata.

Ad ogni modo, allorquando l’ azione di riduzione sia intentata nei confronti di un terzo, è pacificamente inteso che essa presupponga l’ accettazione dell’ eredità con beneficio d’ inventario.

Sempre secondo la Suprema Corte, infine, l’ accettazione dell’ eredità con beneficio d’ inventario é stata posta dal legislatore come condizione di ammissibilità dell’ azione di riduzione nei confronti dei non coeredi anche al fine di evitare che i creditori del de cuius possano soddisfare le loro pretese sui beni conseguiti dall’ erede con l’ azione di riduzione.

6) Azione di riduzione e legato in sostituzione di legittima.

Ai sensi dell’ art. 551 c.c. l’ acquisto del legato sostitutivo della legittima interviene automaticamente, senza che vi sia necessità di una previa accettazione.

Tale legato non differisce in alcunché da qualsiasi altro legato; tuttavia il legittimario in favore del quale sia stato disposto dal testatore un legato avente a oggetto un bene immobile può rinunciare al legato a favore della quota di legittima.

A sua volta, il de cuius ha facoltà, attribuitagli dalla legge, di soddisfare i diritti sulla legittima con una disposizione a titolo particolare. Ciò preclude l’ esperimento dell’ azione di riduzione; tale attribuzione patrimoniale é detta appunto legato in sostituzione di legittima.

Tale attribuzione non preclude all’ istituito di scegliere tra il legato o la legittima.

Il meccanismo giuridico operante in questi casi prevede l’ applicazione della condizione risolutiva: l’ esercizio dell’ azione di rinuncia risolve l’ effetto della disposizione testamentaria a titolo particolare.

Un diverso orientamento della dottrina muove dall’ interpretazione letterale dell’ art. 649 c.c., secondo il quale sarebbe comunque richiesta una dichiarazione di volontà del legatario.

In tal caso, si applicherebbe la condizione sospensiva: sarebbe cioè necessaria una positiva manifestazione di volontà circa l’ accettazione o il rifiuto del legato.

La Suprema Corte, a Sezioni Unite, chiamata a chiarire il contrasto giurisprudenziale, ha ribadito l’ automaticità dell’ acquisto del legato al momento dell’ apertura della successione.

A tutt’ oggi, dunque, il legato in sostituzione di legittima viene acquisito al patrimonio del defunto al momento dell’ apertura della successione, e tale acquisizione è risolutivamente condizionata alla sua mancata rinuncia.

Da codesta impostazione discende che l’ eventuale manifestazione di volontà di rinunciare al legato per conseguire la legittima dovrà essere espressa in modo inequivocabile

7) Azioni di restituzione: contro il beneficiario e contro il terzo acquirente.

– Questioni sulla decorrenza prescrizionale.

L’ azione di riduzione comporta l’ inefficacia relativa delle disposizioni lesive del legittimario.

La legge 14 maggio 2005 n. 80, di conversione d.l. 14 marzo 2005 n. 35, modificata dall’ art. 3 della legge 28 dicembre 2005 n. 263, entrata in vigore il 15 maggio 2005, ha introdotto una rilevante deroga al principio della retroattività reale dell’ azione di riduzione.

Prima della riforma del 2005, la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni lesive della legittima era pienamente opponibile a terzi, aventi causa dal donatario, quali creditori ipotecari, titolari di diritti reali sul bene, titolari di diritti personali di godimento.

Tra le più importanti eccezioni, la facoltà del legatario e del donatario di ritenere tutto l’ immobile non comodamente divisibile ( art. 560 ).

Qualora il beneficiario della disposizione lesiva della legittima abbia alienato a terzi il bene, il legittimario avrà l’ onere, prima di poter esercitare l’ azione di restituzione nei confronti degli acquirenti del donatario, di esperire, nei confronti del beneficiario della disposizione lesiva, l’ azione per la restituzione dell’ equivalente, ossia del tantundem in denaro.

Quando ciò non sia possibile, il legittimario potrà agire in restituzione nei confronti dei successivi acquirenti degli immobili.

Il terzo acquirente tenuto alla restituzione può liberarsi pagando l’ equivalente in denaro ( art. 563 comma 3 c.c. ) .

L’ azione di riduzione ha come scopo quello di conseguire un utile consistente nella differenza fra quanto si trova nell’ asse ereditario ( relictum ) e quanto compete per legge al legittimario.

Il bene alienato a terzi conserva quindi una funzione di garanzia del diritto del legittimario, diritto che é di natura creditoria.

Sulla base della novellata disposizione del 2005, trascorsi vent’ anni dalla trascrizione dell’ azione di donazione, i pesi e le ipoteche imposte sul bene del donatario conservano efficacia anche qualora il donatario subisca la perdita del bene per effetto dell’ azione di restituzione.

Inoltre, sempre trascorsi vent’ anni, il legittimario perde il diritto di agire in restituzione nei confronti dei terzi acquirenti del donatario.

Secondo la relazione di accompagnamento alla novella: “ la soluzione adottata dal legislatore consente di porre al riparo da ogni rischio l’ acquirente trascorsi vent’ anni dalla trascrizione della donazione, in modo che quest’ ultimo, che é pur sempre un acquirente a domino, non riceva dall’ ordinamento un trattamento deteriore rispetto all’ acquirente a non domino, per il quale il ventennio costituisce comunque il più lungo dei termini per l’ usucapione ordinaria “.

Dunque, ai sensi dell0 art. 563 c.c. “ se i donatari contro i quali é stata pronunciata la riduzione hanno alienato a terzi gli immobili donati , il legittimario, premessa l’ escussione dei beni del donatario, può chiedere ai successivi acquirenti , nel modo e nell’ ordine in cui si potrebbe chiederla ai donatari medesimi, la restituzione di immobili “.

Contro i terzi acquirenti può anche essere richiesta la restituzione dei bei mobili oggetto della donazione, salvi gli effetti del possesso di buona fede.

Interpretata estensivamente, tale norma deve ritenersi applicabile anche qualora siano stati alienati beni oggetto di disposizione testamentaria.

Sulla natura delle azioni di restituzione, dottrina prevalente effettua una distinzione: mentre l’ azione di restituzione contro i destinatari delle disposizioni ridotte ha carattere personale, l’ azione di restituzione contro i terzi acquirenti ha, secondo dottrina, carattere reale, in quanto non proponibile contro soggetti determinati, bensì erga omnes.

8) Rapporti con l’azione di simulazione

Il legittimario il quale agisca in riduzione contro la donazione dissimulata sotto la fattispecie di una normale compravendita può esperire l’ azione di riduzione, ovvero, là dove ne sussistano i presupposti, e segnatamente nell’ ambito di una domanda di divisione, avanzare domanda di collazione della donazione dissimulata.

In caso agisca in riduzione non si applicano i limiti probatori cui all’ art. 1417 c.c., in quanto la causa petendi di tale azione è la lesione della legittima.

Il collegamento dell’ azione di simulazione con quello di riduzione incide pure sul termine di decorrenza della prescrizione, che retroagisce al momento dell’ apertura della successione.

Nel caso in cui il legittimario agisca invece in simulazione, egli, una volta accertata la donazione dissimulata, potrebbe chiedere la ricomprensione del bene donato e domandare la divisione dell’ asse ereditario.

Egli potrebbe peraltro, in ipotesi, domandare l’ accertamento della nullità della donazione dissimulata. In entrambi i casi l’ attore soggiacerà alle limitazioni probatorie previste per le parti.

In un’ altra recente pronuncia della Suprema Corte, qualora l’ attore chieda l’ accertamento della simulazione relativa di un atto di compravendita stipulato dal de cuius e la nullità per difetto di forma della donazione dissimulata dalla compravendita medesima, viene riconosciuta come associata alla simulazione esclusivamente un’ azione di petizione, mirante alla ricomposizione dell’ asse ereditario, non ravvisando, viceversa, un’ azione di riduzione, la quale “ rispetto alla petito hereditatis ha una differente causa petendi, consistente nella qualifica di erede necessario e nell’ avvenuta lesione della quota di legittima, e un differente petitum , mirando a far dichiarare inefficaci nei confronti del legittimario attore le disposizioni testamentarie o le donazioni nella misura necessaria per reintegrare la quota di riserva”

Si badi che il termine di prescrizione dell’ azione di simulazione rimane fissato al compimento dell’ atto simulato, dal momento che tale declaratoria é richiesta non per far valere il diritto alla quota di riserva, ma al solo scopo dell’ acquisizione del bene oggetto di donazione alla massa ereditaria.

Nel caso in cui un legittimario pretermesso agisca in simulazione e, successivamente, , prospetti un’ azione di riduzione della donazione dissimulata, egli agisce come terzo rispetto alle parti del negozio simulato, con la conseguenza che egli non soggiace alle limitazioni probatorie di cui all’ art. 1417 c.c.

L’ azione di riduzione può essere accompagnata dall’ azione di simulazione ogniqualvolta la donazione sia negozio dissimulato da altro contratto simulato ( generalmente la compravendita ).

Trattasi, in buona sostanza, di simulazione relativa, cioè del caso in cui le parti creino l’ apparenza di un negozio effettivamente voluto.

Nel caso invece di un negotium mixtum cum donatione, l’ effetto tipico della donazione, cioè l’ arricchimento, é circoscritto alla differenza tra l valore del bene trasferito e l’ ammontare della controprestazione.

In tal caso tale donazione indiretta è attaccabile con l’ azione di riduzione, senza bisogno di esperire un’ azione di simulazione.

Prof. Avv. Roberto Campagnolo,

“Le questioni processuali delle successioni che i notai non trattano.

“Introduzione alla nuova monografia”

La collazione: ratio e natura giuridica

Elementi distintivi con l’azione di riduzione<br /> Donazioni dirette e indirette<br /> La dispensa dalla collazione<br /> Domande di riduzione e di divisione

Ricorso per petizione ereditaria

Formulazione delle domande nell’atto introduttivo<br /> Questioni sulla competenza e sulla legittimazione<br /> Azioni possessorie a cautelari