Le Sezioni Unite della cassazione indicano le conseguenze del venir men del coniuge ricorrente nel corso del procedimento per l’assegno divorzile:
subentrano gli eredi dell’ex coniuge
Cass. Sez. Unite n. 20495 del 24 giugno 2022
Secondo costante giurisprudenza, la morte dell’ex coniuge nel corso del giudizio di determinazione dell’assegno divorzile provoca la cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del giudizio.
L’obbligo di mantenimento sarebbe infatti personalissimo, e si estinguerebbe alla morte dell’obbligato.
Tuttavia, è sorto a partire dal 1999 un contrasto giurisprudenziale, che riguarda più propriamente la posizione processuale dell’erede obbligato.
Stante la natura patrimoniale speciale del procedimento che determina la misura dell’assegno divorzile ex art. 447 c.c., secondo un secondo orientamento (peraltro minoritario) le rate già quantificate e scadute al momento del decesso devono essere corrisposte.
In tale caso, le rate vengono poste a carico dell’eredità.
Inoltre, il decesso dell’onerato non determina la cessazione della materia del contendere (cass. n. 1704/2007; cass. n. 8381/ 1997 cass. n. 9238/1996).
Secondo un orientamento più recente, invece, il quale segue il dettato dell’art. 149 c.c., il decesso è preclusivo della dichiarazione di divorzio ed estingue ogni rapporto ed ogni pronuncia accessoria non ancora passata in giudicato (cass. n. 1813/2013; cass. n. 27556/2008; cass. n. 9687/2006). Il procedimento, infatti, può essere continuato solo dai coniugi. La morte di uno di essi travolge ogni pretesa non ancora passata in giudicato: i diritti personali o personalissimi non si trasmettono agli eredi (contra art. 4 c. 13 l. n. 898/1970).
Si tratta di una posizione che sfrutta un’argomentazione di carattere processuale: il giudizio è unitario e non può scindersi: gli eredi del coniuge, dunque, non possono subentrare nella posizione processuale del defunto per ottenere la ripetizione delle somme versate nelle more del giudizio.
Secondo un orientamento per così dire intermedio proseguono con gli eredi unicamente i rapporti patrimoniali solo occasionalmente collegati con lo status matrimoniale del defunto (cass 18130/2013).
A corroborare la tesi minoritaria, però, e sempre sul piano processuale, interviene l’art. 9 bis l. n. 898/70, il quale statuisce che l’ex coniuge possa rivolgersi al Tribunale chiedendo il riconoscimento di un assegno periodico a carico dell’eredità quando egli sia già titolare di un assegno divorzile e versi in stato di bisogno.
Tale assegno incide solo sulla disponibile, lasciando inalterata la legittima. Per tale motivo, non si potrà disporne per testamento.
L’assegno nasce in sede processuale, con una pronuncia dichiarativa del Tribunale, come diritto nuovo e autonomo, e viene corrisposto allorquando il divorziato non sia in grado di provvedere alle proprie esigenze (cass. civ. n. 1253/2013 e cass. civ. n. 8687/1992).
Si dovrà tenere conto anzitutto dell’importo dell’assegno di divorzio, dell’eventuale pensione di reversibilità, dell’ammontare dell’eredità, delle condizioni economiche degli eredi.
Esso verrà corrisposto a cadenza periodica, ovvero in un’ unica soluzione.
Gli eredi non potranno tuttavia essere gravati in misura superiore al de cuius.
Tale assegno si estingue in caso di nuove nozze (cessazione dello stato di bisogno: cass civ n. 6855/1915). In caso di morte del beneficiario, gli eredi percepiranno solamente i ratei scaduti e non riscossi al momento della morte del beneficiario.
Finalmente, con sentenza n. 20495 del 24 giugno 2022 le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno indicato le conseguenze del venire meno di un coniuge nel corso del giudizio di revisione dell’assegno.
Secondo la cassazione la morte dell’ ex coniuge, anche in caso di sentenza sullo status definitiva, non comporta la non proseguibilità dell’assegno di divisione.
Dal punto di vista processuale, il giudizio si scinde, stante la natura perequativa e necessaria dell’assegno divorzile.
Occorre altresì chiarire che i cd arretrati, astrattamente concessi in via provvisoria oppure da sentenza non passata in giudicato e non ancora corrisposti, si trasmettono agli eredi.
Ove dunque sussista un tale debito e la pretesa formi oggetto di un separato giudizio, il quantum stabilito dal Tribunale, nelle more fino all’avvenuto decesso, è debito maturato in vita dal de cuius e si trasmette agli eredi, i quali, d’altra parte, subentrano nella posizione dell’ ex coniuge.
di Roberto Campagnolo avvocato,
Patrocinante in Cassazione