Revoca rinuncia eredità

PRIVA DI FORMA LA REVOCA DELLA RINUNCIA ALL’EREDITA’

nota a Sentenza n. 4846 del 29/03/2003 – Corte di Cassazione Sez. 3

Successioni “mortis causa” – disposizioni generali – rinunzia all’eredità – forma – in genere 

Articolo di Roberto Campagnolo, avvocato esperto in diritto successorio, patrocinante in Cassazione

“Nel sistema delineato dagli articoli 519 e 525 cod. civ. in tema di rinunzia all’eredità, la quale determina la perdita del diritto all’eredità ove ne sopraggiunga l’acquisto da parte degli altri chiamati, l’atto di rinunzia deve essere rivestito di forma solenne (dichiarazione resa davanti a notaio o al cancelliere e iscrizione nel registro delle successioni). Pertanto non è ammissibile una revoca tacita della rinunzia”.

Da un punto di vista squisitamente tecnico e pragmatico, colui il quale voglia revocare la rinuncia all’eredità può farlo con una dichiarazione contraria alla rinuncia, da presentare davanti ad un notaio ovvero in cancelleria del Tribunale, con o senza la presenza di un difensore.

E’ richiesta la carta d’identità e il codice fiscale del denunciante, il certificato di morte del defunto, nonché la compilazione del modello F24 per la registrazione. E’, ovviamente, richiesto anche il deposito di copia conforme della rinuncia.

In dottrina e giurisprudenza, tuttavia, la questione sul punto è controversa.

La revoca della rinuncia all’eredità, infatti, fa salvi i diritti acquisiti da terzi sui beni ereditari, si prescrive nell’ordinario termine decennale e, soprattutto, è possibile sempre che gli altri chiamati non abbiano già accettato.

Opera infatti, nel caso di revoca della rinuncia all’eredità, il tipizzato istituto dell’accrescimento.

Orbene, è pacifico che il rinunciante ovvero i suoi eredi possano impugnare la rinuncia per violenza o dolo: è l’art. 526 c.c.

Tuttavia, la rinuncia all’eredità può essere impugnata anche dai creditori.

Per questo, chi rinuncia all’eredità deve farlo possibilmente prima della redazione dell’inventario, per non incorrere nel termine di decadenza di tre mesi dall’apertura della successione.

La rinuncia all’eredità non ha effetti traslativi. Gli altri chiamati all’eredità non perdono il diritto di accettare, e l’erede viene riammesso automaticamente nella propria quota.

La forma della rinuncia all’eredità è stata questione molto dibattuta in giurisprudenza.

La revoca espressa dell’accettazione dell’eredità, come già accennato, va fatta davanti ad un notaio oppure dinnanzi ad un cancelliere in Tribunale, lo stesso Tribunale dinnanzi al quale si è aperta la successione.

Ciò è coerente con il principio del nostro sistema codicistico secondo il quale, se un determinato atto riveste una certa forma (quindi nel caso di specie la forma solenne), anche la rinuncia deve rivestire la stessa forma.

Giova ricordare, comunque, che in caso di rinuncia all’eredità opera l’accrescimento, cosicchè l’accettazione anche di uno solo dei coeredi preclude la revoca della rinuncia.

Inoltre, il mero possesso dei beni (art. 485 c.c.) o la loro sottrazione od occultamento ( art. 527 c.c.) non comporta accettazione tacita dell’eredità.

Giova ricordare, comunque, che in caso di rinuncia all’eredità opera l’accrescimento, cosicchè l’accettazione anche di uno solo dei coeredi preclude la revoca della rinuncia.

Inoltre, il mero possesso dei beni (art. 485 c.c.) o la loro sottrazione od occultamento ( art. 527 c.c.) non comporta accettazione tacita dell’eredità.

In tema di revoca tacita dell’eredità, la giurisprudenza di legittimità e la dottrina prevalente oscillano.

(Grosso, Burdese, Le successioni. Parte generale, in Tratt. Vassalli, Torino, 1977, 351. Bianca, Diritto civile, II, La famiglia. Le successioni, 4ª ed., Milano, 2005, 634.Ferri, Successioni in generale, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 519-535, Bologna-Roma, 1968, 122. Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. De Martino, sub artt. 456-535, Novara, 1973, 453.Azzariti, Le successioni e le donazioni, Napoli, 1990, 172. Belloni, Sulla nullità della revoca della rinuncia all’eredità, in NGCC, 1999, I, 582).

In effetti, l’art 525 c c non prevede nessuna forma solenne per la revoca della rinuncia all’eredità, ed inoltre, se l’accettazione non rivestiva la forma solenne, e la revoca della rinuncia equivale già ad un’accettazione, senza il bisogno di una nuova manifestazione di volontà, la revoca della rinuncia può essere fatta in qualsiasi forma, anche tacita.

Ciò tuttavia è in conflitto con il già richiamato art. 519 c.c, che richiede che l’atto di rinuncia rivesta la forma solenne (così chiosa Cass. 30 ottobre 1991, n. 11634).

Si aggiunga inoltre che “nel caso in cui il chiamato all’eredità sia nel possesso dei beni ereditari, egli deve fare l’inventario dei beni del “de cuius” entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia di essa e ciò condiziona non solo la facoltà del chiamato di accettare l’eredità con beneficio di inventario ai sensi dell’art. 484 c.c., ma anche quella di rinunciare all’eredità in maniera efficace nei confronti dei creditori del “de cuius” (Cass. 22 giugno 1995, n. 7076).

Dunque, la revoca della rinuncia all’eredità non è valida se fatta in pregiudizio ai creditori del de cuius.

Il fondamento giuridico dell’istituto, infatti, viene individuato dalla dottrina pressoché unanime (per tutti: Ferri L. – Successioni in generale, Comm., cod. civ., diretto da Scialoja e Branca, Zanichelli, Bologna-Roma, 1980), nonché da risalente giurisprudenza (1319/’58, 1938/’77), nel fatto che la il rinunziante conserva il diritto alla revoca finché l’eredità stessa non sia stata accettata da altri aventi diritto.

Se ancora Cass. 12.10.2011 n. 21014 e Cass. 20.2.2013 n. 4274 (e cfr. Corte d’Appello di Caltanissetta) statuiscono che non è possibile dar seguito ad un atto di rinunzia all’eredità nella forma della scrittura privata con sottoscrizioni autenticate, e ciò siccome la fattispecie sarebbe contraria a quanto prescritto negli articoli 519 e 525 c.c.,
proprio considerando il requisito formale rivestito dall’atto di rinuncia all’eredità che, nel caso di specie era quello della scrittura privata con sottoscrizioni autenticate, un punto fermo sulla questione lo ha posto Corte di Cassazione con sentenza del 4 luglio 2016, n. 13599, che ha infine deciso che “ la rinunzia all’eredità non fa venir meno la delazione del chiamato, stante il disposto dell’art. 525 c.c. e non è, pertanto, ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita, allorquando il comportamento del rinunciante sia incompatibile con la volontà di non accettare la vocazione ereditaria”.

Roberto Campagnolo

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