Nota di Roberto Campagnolo, avvocato in Milano, patrocinante in cassazione
Cass. Civ., Sez. VI, ordinanza n. 509 del 14 gennaio 2021.
“La collazione presuppone la sussistenza di una comunione ereditaria e, quindi, di un asse da dividere, mentre, se l’asse è già stato esaurito con donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicchè viene a mancare un “relictum” da dividere non vi è luogo a divisione e neppure a collazione, salvo l’esito dell’eventuale azione di riduzione. “
Art 724 e 737 proc civ.
Se il de cuius in vita ha fatto donazioni ai figli, ai loro discendenti oppure al coniuge, la legge presuppone che queste donazioni siano un anticipo di successione.
Pertanto i beni donati saranno conferiti nella massa attiva del patrimonio ereditario (collazione), per essere divisi successivamente fra coeredi in proporzione alle quote spettanti.
Occorre dunque aggiungere, nel calcolo dell’asse ereditario, al relictum, ossia ciò che è stato lasciato al momento della morte, il donatum, ossia a quanto è già stato donato in vita; quindi si procederà ad una determinazione delle porzioni spettanti a ciascuno dei coeredi.
Fondamento dell’istituto è la presunta volontà del donante.
Oggetto della collazione ereditaria sono le donazioni, sia dirette che indirette. Questa riunione è reale e non fittizia, e serve a mantenere tra gli aventi diritto la proporzione di beni voluta dal testatore o dalla legge.
Anche i legati, in conto ovvero in sostituzione di legittima, fanno parte dell’eredità.
Ciò è pacifico in dottrina.
Il problema si pone allorquando l’asse sia già stato esaurito con donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicché venga a mancare un “relictum”.
La giurisprudenza sul punto non è concorde. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.
E’ ovvio che i legati in sostituzione di legittima, costituendo un anticipo sull’eredità, non entrano a far parte dell’asse ereditario.
Per i legati in conto di legittima e per le donazioni la questione è più delicata, essendo questi destinati a soddisfare la pretesa ereditaria, e ciò sia che l’erede accetti puramente e semplicemente, sia che accetti con beneficio d’inventario.
E’ evidente che anche i legati in conto di legittima non possono ledere la quota riservata ai legittimari, assolvendo proprio la funzione di costituire un anticipo sulla futura legittima.
Essi dunque non entrano nell’asse ereditario.
Dottrina e giurisprudenza sono invece divise sul conferimento o meno alla massa delle donazioni, in assenza di relictum
Secondo un primo orientamento, peraltro minoritario in giurisprudenza, ma sostenuto da autorevole dottrina (1), la collazione opererebbe automaticamente all’apertura della successione. Secondo giurisprudenza prevalente, invece2, in assenza di relictum, cioè di beni conferiti alla massa, l’unico rimedio concesso all’erede sarebbe l’azione di riduzione.
Noi sposiamo la tesi minoritaria, per le ragioni che qui esponiamo brevemente.
Secondo la tesi oramai prevalente in giurisprudenza, la collazione può operare solamente qualora residui un relictum, sicchè nella differente ipotesi in cui l’asse ereditario sia costituito interamente di donazioni potrebbe essere esperita solamente l’azione di riduzione.
Giova tuttavia rilevare come non possa essere, in punto di diritto, equiparabile un’azione – quella di riduzione – attinente al profilo processuale dell’istituto con un rimedio sostanziale, quello della collazione, appunto, utile al fine della divisione.
Confondere i due piani e negare al donatario la possibilità di essere soddisfatto anche oltre il valore della propria donazione al fine di conseguire la quota di legittima è giuridicamente non corretto.
Detto ciò, giova rilevare che il rimedio della collazione e quindi della formazione della massa ereditaria mediante il conferimento del donatum anche in essenza di relictum opera solamente in caso di eredi legittimari, in modo che non venga lesa la quota di legittima.
Nel caso della collazione, inoltre, il conferimento dei beni ereditari è reale, mentre nell’azione di riduzione il conferimento dei beni è puramente fittizio e contabile.
E’ proprio sulla sostanzialità e sulla realità della collazione che bisogna insistere per dirimere la questione.
L’asse ereditario, in effetti, può essere formato anche solo dall’imputazione di legati e donazioni.
In ultima analisi, l’asse ereditario può essere formato anche dal solo donatum.
Naturalmente, deve essere accertata l’esistenza di una comunione ereditaria e quindi di un asse ereditario.
Di contrario avviso, tuttavia, è la giurisprudenza prevalente, e parte minoritaria della dottrina (4), secondo la quale solo in presenza di una massa ereditaria può ritenersi sussistente l’obbligo di collazione delle liberalità ricevute in vita dai coeredi.
Tale opinione si fonda sulla considerazione che non si può parlare di collazione in assenza di una divisione, ed una divisione non può configurarsi in assenza di un patrimonio.
Questa opinione è facilmente confutabile, se s’intende per patrimonio il complesso di attività e passività di un soggetto, suscettibili di valutazione economica.
E’ indubbio che anche i beni donati rientrino in questa categoria prevista dal nostro codice civile.
Secondo autorevole dottrina, la comunione ereditaria può sorgere mediante la collazione dei beni oggetto di donazione, i quali concorreranno alla formazione dell’asse ereditario.
I fautori della contraria tesi, infine, evidenziano come in assenza di una massa ereditaria non costituita da donazioni non sia possibile compiere atti che comportino un’accettazione tacita dell’eredità.
Al fine dell’esatta individuazione dei beni, è preferibile che l’eredità consistente nel solo donatum sia accettata col beneficio d’inventario, potendo il coerede anche esercitare una rinuncia all’eredità, specialmente nel caso in cui, per via di donazione, egli risulti in possesso di un bene che dovrà successivamente vendere perché venga definitivamente assegnato pro quota anche agli altri eredi legittimari.
Ciò è disagevole, certo, ma non paraddossale.
In conclusione, l’obbligo di collazione e l’azione di riduzione concorrono entrambi al risultato di aumentare la massa ereditaria, rendendo inefficaci alcuni atti di liberalità compiuti in vita dal defunto, ma l’una opera sul piano sostanziale, l’altra su quello processuale.
Un’ultima considerazione deve essere fatta, spezzando la lancia a favore della prevalente tesi giurisprudenziale: la collazione deve essere operata solamente dai discendenti e dal coniuge, mentre l’azione di riduzione consente di integrare la quota di legittima anche con sacrificio del donatario non discendente e non erede (5).
In questo senso, l’azione di riduzione accede ad un sistema giuridico più ampio, in cui il diritto processuale prevale su quello sostanziale.
Avv. Roberto Campagnolo
1 MENGONI, La divisione testamentaria; FORCHIELLi, voce collazione in Enciclopedia Giurdica Treccani; MORELLI, La comunione e donazione ereditaria; BURDESE, La divisione ereditaria; CAPOZZI, Successione e donazione; ALBANESE, La collazione, in Trattato di diritto delle successioni e donazioni diretto da G. Bonilini – vol IV. Comunione e divisione ereditaria,
2 In tal senso cass. civ., sez. 2, n. 15026/2013; cass. civ., sez. 2, n. 13660/2017; cass.civ., sez. 2, n. 543/1970<, contra cass. civ. n. 1968/1969.
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4 In dottrina PALAZZO, le successioni; G. AZZARITI, Le successioni e le donazioni; CASULLI, voce Collazione delle donazioni in Novissimo digesto italiano, vol. 3
5 cass. civ., sez. 2, n. 2704/1975.
In dottrina PALAZZO, Le successioni; G. Azzariti, Le successioni e le donazioni; CASULLI, voce Collazione delle donazioni, in Novissimo Digesto Italiano, vol. 3