Tutela dei diritti successori del figlio riconosciuto giudizialmente.
(CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE – SENTENZA 5 settembre 2012, n.14917)
Il caso è quello di Tizio, che viene giudizialmente dichiarato figlio naturale “riconosciuto” di Caio, deceduto, ed intende agire per recuperare i beni ereditari a lui spettanti, già assegnati ad altri eredi. Come tutelare i suoi diritti?
Innanzitutto, occorre una precisazione: per il figlio naturale, il termine per accettare l’eredità decorre dalla data di dichiarazione giudiziale. In più occasioni la giurisprudenza ha statuito che, per i figli naturali, il termine di prescrizione del diritto di accettare l’eredità del loro genitore decorre dal passaggio in giudicato della sentenza di accertamento del loro status, trovandosi essi fino a tale momento nell’impossibilità giuridica di accettare l’eredità. In altre parole, il termine decennale di prescrizione ex art. 480 c.c. decorre per il figlio naturale soltanto dalla data di dichiarazione giudiziale e non dalla data di apertura della successione. Infatti, pur retroagendo gli effetti della dichiarazione giudiziale fino al momento dell’apertura della successione, il figlio “riconosciuto” versa nell’impossibilità giuridica, e non di mero fatto, di accettare l’eredità del genitore fino a quando tale dichiarazione non sia pronunciata. Nel caso di specie, dunque, Tizio non aveva potuto proporre azione di petizione ereditaria in quanto non ancora passata in giudicato la sentenza sul suo status. Ed allora occorre stabilire se gli altri eredi già immessi nel possesso dei beni ereditari siano da considerarsi possessori in mala o buona fede. La Corte d’appello aveva affermato che il discrimine tra la posizione soggettiva di buona fede e di mala fede delle ricorrenti dovesse essere individuato nel passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento dello status di filiazione naturale. Tuttavia, i giudici di legittimità “sposano” l’impostazione dei ricorrenti (già eredi): il principio della presunzione di buona fede di cui all’art. 1147 cod. civ. ha portata generale e non limitata all’istituto del possesso in relazione al quale è enunciato (Cass. n. 5901 del 2010) e il possessore di buona fede è tenuto alla restituzione dei frutti a far tempo dalla domanda giudiziale con la quale il titolare del diritto ha chiesto la restituzione della cosa. Ne consegue che, non essendo contestato che gli originari convenuti fossero in buona fede al momento di apertura di entrambe le successioni, il mutamento della loro condizione soggettiva da buona fede a mala fede non poteva essere riferito ad una evenienza esterna alla sfera soggettiva dei convenuti, richiedendosi invece una manifestazione di volontà del titolare del diritto volta ad ottenere la restituzione dei beni; manifestazione che, nella specie, si è avuta solo con la proposizione dell’azione di petizione ereditaria. In tal senso – sottolinea la Corte – nel caso di indebita ricezione di una cosa, l’alienazione del bene ricevuto in buona fede effettuata dopo la conoscenza dell’obbligo di restituirlo è giuridicamente equiparata all’alienazione della cosa ricevuta in mala fede, con la conseguenza che in entrambi i casi l’alienante è obbligato a restituire non il corrispettivo della alienazione – come nell’ipotesi di alienazione di cose, ricevute in buona fede, effettuata prima di conoscere l’obbligo della restituzione – bensì il valore del bene alienato, fatto sempre salvo, peraltro, nonostante trattisi di debito di valore, il divieto per il giudice del merito – al momento della decisione (anche di appello) – di liquidarne l’importo in una cifra superiore a quella espressamente domandata; né la richiesta della differenza tra lo importo indicato dall’attore e il maggior valore del bene può ritenersi compresa nella domanda degli interessi, giacche questi, spettando sul valore da attribuire, non ne costituiscono una componente, ma si aggiungono ad esso. Di tal che, con riferimento ad azione di petizione ereditaria proposta da figlio naturale successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di riconoscimento del proprio status, gli eredi che erano stati immessi nel possesso dei beni ereditari in buona fede permangono nella condizione di buona fede sino al momento della notificazione della domanda di restituzione dei beni ereditari. |