I confini fra captazione testamentaria, incapacità naturale e circonvenzione di incapace: l’annullabilità assoluta
Di Roberto Campagnolo,
avvocato,
Patrocinante in Cassazione
Il codice di procedura penale del 1930, su modello francese, aveva come principio informatore quello della unitarietà della giurisdizione.
Tale principio rappresentava il cardine dell’intero sistema.
In tale codice vigeva la preminenza del giudizio penale su quello civile, e quello dell’efficacia erga omnes del giudizio penale.
Il codice di procedura penale del 1988, attualmente in vigore, anche a causa delle ripetute prese di posizione della Corte Costituzionale, ha visto sgretolarsi il principio dell’unitarietà della giurisdizione, aprendo la strada a giudizi contraddittori.
Tuttavia, la finalità del diritto è quella di dare certezza ai rapporti giuridici, e ciò non tollera pronunce contrastanti.
La giurisdizione deve essere unica, perché unica è la Giustizia.
Il nostro codice, complessivamente inteso, presenta alcune norme cerniera, le quali fungono da raccordo fra procedura civile e procedura penale, fra codice civile e codice penale, fra diritto sostanziale e diritto processuale.
La norma di raccordo fra c.p.c. e c.p.p. è l’art. 75 del codice di procedura penale, la quale prevede tre ipotesi:
- Trasferimento dell’azione civile nel processo penale, consentito sino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito, anche non passata in giudicato; Il giudizio penale ha poi effetto vincolante nei successivi processi civili.
(Confronta Cassazione penale, sezione 2, n. 24192 del 23.06.2010; Cassazione penale, sezione 2, n. 21464 del 16.06.2019).
- Prosecuzione dell’azione civile in sede civile, se è iniziata quando non è più possibile la costituzione di parte civile;
In tal caso, il giudice civile accerta ma solo incidenter tantum l’effettiva sussistenza del giudizio penale .
(Confronta Cassazione civile sezione 3 n. 13972 del 30.06.2005, e Cassazione Civile, n. 6236 del 1980).
- Sospensione del giudizio civile, se l’azione è proposta in sede civile nei confronti dell’imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, sino alla pronuncia di una sentenza definitiva.
Lo schema legislativo è completato con le norme di cui agli articoli 651, 652 e 654 del codice di procedura penale, che regolano l’efficacia della sentenza penale pronunciata in seguito al dibattimento.
L’articolo 651 del codice di procedura penale, più in particolare, stabilisce che la sentenza penale irrevocabile di condanna abbia efficacia di giudicato nel giudizio risarcitorio pendente nei confronti del condannato e del responsabile civile citato o intervenuto nel processo penale. La disciplina del c.p.c. consente invece al giudice civile di non essere vincolato dalla sentenza assolutoria pronunciata dal giudice penale. Il sistema dunque presenta criticità e lacune.
Vediamo un caso concreto:
il rapporto fra dolo in sede civile e circonvenzione d’incapace nel processo penale.
Il testamento può essere viziato da dolo allorché siano state utilizzate astuzie per trarre in inganno il testatore, di modo che, con artifizi e raggiri, approfittando della sua condizione d’infermità o di debolezza psicofisica, si sia giunti a inficiare la sua volontà.
Spesso ciò viene compiuto dalle persone le quali circondano il testatore, ormai debole e gravemente compromesso nella propria capacità di discernimento, isolandolo e circuendolo.
Dal punto di vista penale, si può configurale la circonvenzione d’incapace, ai sensi dell’art. 643 c.p., ed anche l’aggravante della minorata difesa, di cui all’art. 61 n. 5 c.p.
Le prove dirette sono di difficile determinazione, e possono essere costituita da blandizie e influenze, specie da parte di persone con le quali il testatore deve trascorrere l’intera giornata.
Anche l’isolamento, od ancora l’improvvisa diffidenza verso i parenti più stretti possono costituire indice significativo.
Esse possono darsi per presunzioni, e devono fondarsi su fatti certi, i quali possano essere indice di dolosa coartazione della volontà del soggetto, come ad esempio la reiterazione del testamento.
Tali apprezzamenti non sono sindacabili in sede di legittimità, ed andrebbero valutati con larghezza, tenuto conto altresì delle condizioni di salute del soggetto.
Occorre la prova che il dolo abbia orientato il testatore a determinarsi.
Si parla in questo caso di captazione testamentaria, la quale richiede la dimostrazione che si siano usati mezzi fraudolenti, tali da trarre in inganno il testatore, suscitando in lui false rappresentazioni, ed orientando la sua volontà nel senso voluto.
(confronta Cassazione Civile, sezione seconda, n. 8047 del 14.06.2001; Cassazione Civile, sezione 2, n. 7689 del 19.07.1999; Cassazione civile, sezione 2, n. 254 del 22 10.1985; Cassazione Civile sezione seconda, n.. 8047/2001; Cassazione Civile n. 2122/1991 e Cassazione Civile n. 4939 del 18.08.1981, Cassazione Civile n. 6396 del 22.03.1981 e Cassazione Civile sezione II n. 5396 del 22.04.2003, e n. 1983, del 23.07.2019).
Il problema di raccordo fra codice civile e codice penale, nel caso di specie, si pone con riferimento alla fattispecie civilistica del dolo, quale costituito da artifici e raggiri, che hanno viziato la volontà del testatore, e la fattispecie della circonvenzione d’incapace, prevista dal codice penale.
Il dolo rende il testamento annullabile, mentre la circonvenzione d’incapace, delibata nel testamento, è causa di nullità dello stesso.
Come è possibile risolvere questa aporìa?
Nel caso di annullamento di un testamento per dolo o per incapacità di disporre per testamento si parla di annullabilità assoluta.
L’ annullabilità assoluta si verifica soprattutto per i cosiddetti vizi di forma, per i vizi della volontà e per incapacità di disporre per testamento. La legittimazione spetta a chiunque ne abbia interesse.
Essa non è posta più a difesa del testatore, quanto piuttosto rappresenta un’azione accessoria rispetto all’irrogazione della sentenza penale (Cassazione Civile, sezione II, n. 8918/93).
Questa annullabilità assoluta rileva non tanto sul piano sostanziale, quanto piuttosto sul piano processuale, e dunque anche il giudizio civile ha efficacia nel processo penale.
(Cfr. Messineo, annullabilità e annullamento (dir. priv), in Enciclopedia del diritto, 1958, II, p. 474; Tommassini, annullabilità e annullamento, (dir. priv.), in Enciclopedia Giuridica Treccani, II, 1988, p. 8; Prosperetti, contributo alla teoria dell’annullabilità, Milano, 1973; Bianca, Diritto civile, vol. III, Milano, 2000, pag. 271; Franzoni, dell’annullabilità del contratto, in Commentario al Codice Civile diretto da Schelsinger, Milano, 1997, p. 108; Gazzoni, manuale di diritto privato, Napoli, 1996, p. 132.
In questo esempio abbiamo mostrato come il raccordo fra codici possa essere desunto dal dettato normativo, preservando in tal modo l’unitarietà del sistema giuridico.